Non ricordo più quando né come.
So solo che ero a spasso quando il mio gomitolo d’infinito si è impigliato in un cespuglio sporgente. Me lo sono portata dietro per un po’ fintanto che un passante, con un bussetto sulla spalla, mi ha fatto notare che quel filo rosso porpora mi stava seguendo con difficoltà.
E’ difficile perdere qualcosa che non sai più di portare con te, eppure succede.
E guardandoti indietro ti ritrovi a pensare se sia possibile riavvolgerlo esattamente come prima o se, ripercorsa la stessa strada, resterà un semplice gomitolo rotondo di lana rossa.
Ingarbugliato, infeltrito e sfilacciato.
Chissà se, a scriverlo con una replay, il presente diventerebbe più dolce o se cadremmo in una ossessiva cancellazione del passato, perdendo di vista il futuro.
Eppure l’infinito resta tale anche se ne escludiamo un po’.
Un filo, a riavvolgerlo, diventerà rotondo.
Un filo, lanciato in avanti, può allungarsi fino a toccare l’infinito.
Semplicemente me.